Il Quarto Stato, Giuseppe Pellizza da Volpedo |
IN UN CONTESTO geoeconomico nel quale la
competizione tra Stati è sempre più intensa e aggressiva, il buon
funzionamento della res publica diviene fondamentale per garantire la
competitività al sistema-Paese. Il professor Sabino Cassese nel libello L'Italia: una società senza Stato?
individua sette "tratti fondamentali negativi" che caratterizzano il
sistema politico italiano e che limitano il pieno sviluppo dello Stato e
di riflesso ne riducono proiezione e competitività internazionale.
1. Costituzionalizzazione debole
Non solo la costituzione dell'Italia
Unita si basò sul preesistente Statuto Albertino ma soprattutto non fu
"partecipata" dal popolo. Cassese fa notare la differenza tra "una
costituzione che sia l'atto di un governo" e "la costituzione con cui un
popolo constituisce il proprio governo". Cassese inoltre spiega come la
Costituzione del 1948 risulti imperfetta e di fatto debole poiché "è
insufficiente il sistema dei checks and balances" ed è stata "smembrata
nell'attuazione, che si è protratta per quasi un quarantennio".
2. Distacco tra società e Stato
"Per due terzi della storia unitaria,
sono stati pochi i cittadini ammessi a partecipare alla vita collettiva
attraverso elezioni", spiega il giurista. Un distacco forte tra "Paese
reale e Paese legale, cittadini e autorità" che ha provocato una pesante
sfiducia (tuttora presente) degli italiani verso uno Stato incapace di
garantirne alcuni diritti fondamentali. Ricorda Cassese che dall'Unità a
1970 circa 26 milioni di italiani hanno "votato coi piedi" lasciando il
Paese.
3. Il Divario Nord-Sud
Per Cassese nel nostro Paese "è la
società che domina lo Stato, non il contrario". Anzi, potremmo scrivere
le società, usando il plurale, vista la spaccatura tra le due anime del
Paese sotto il profilo amministrativo, economico e culturale. Il divario
Nord-Sud ostacola quel sentimento di unità nazionale che Mazzini
chiamava "anima della nazione".
4.Giuridicità debole
Cassese per giuridicità debole fa
espressamente riferimento alla legislazione derogatoria, la quale fa si
che "l'ordinamento giuridico, in principio retto da un diritto
codificato" venga completato da "una sorta di disobbedienza legale fatta
da norme speciali, straordinarie, eccezzionali, derogatorie". Il
risultato? Troppe norme e deroghe, troppa poca trasparenza.
5. L'instabilità degli esecutivi
Multipartitismo e localismo rendono il
"centro motore dello Stato", vale a dire il Governo, incapace di agire. I
trascorsi fascisti, con il potenziamento della figura del capo del
governo, spiegano la scarsa incisività riconosciuta dalla Costituzione
al Governo e alla Presidenza del Consiglio.
6. Burocrazia incapace
In sostanza, in Italia manca un corpo di
funzionari esperto, scelto in base al criterio della meritocrazia in
grado di assicurare il rispetto delle regole e di fungere da esempio,
quindi svolgere "un'attività educativa". Questo perché la burocrazia si è
sviluppata seguendo "pressioni e contingenze esterne" e le regole e i
principi dettate da esigenze dello Stato.
7. Il falso centralismo e la fuga dallo Stato
Cassese ritiene che, per quanto concerne
l'esperienza italiana, il centralismo sia "un grande mito polemico" e
abbia di fatto oscurato il vero problema del Paese: la "fuga dallo
Stato". Considerando lo Stato un ente debole si è fatto ricorso a forze
esterne con l'intento di rafforzarlo - segnatamente altri Stati o
organismi superiori (come l'UE); organismi esterni ( le "amministrazioni
parallele") di cui la Cassa del Mezzogiorno è l'esempio principe; forme
di "supplenza privata" utilizzate per supplire alle carenze tecniche
della pubblica amminsitrazione (dalla figura dei notai a quella dei
progettisti).
Per approfondimenti
S. CASSESE, L'Italia: una società senza Stato? Il Mulino, 2011
Articolo precedentemente pubblicato da International Business Times nel blog Going Global
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