domenica 9 marzo 2014

Le 7 criticità della politica italiana

Il Quarto Stato, Giuseppe Pellizza da Volpedo











IN UN CONTESTO geoeconomico nel quale la competizione tra Stati è sempre più intensa e aggressiva, il buon funzionamento della res publica diviene fondamentale per garantire la competitività al sistema-Paese. Il professor Sabino Cassese nel libello L'Italia: una società senza Stato? individua sette "tratti fondamentali negativi" che caratterizzano il sistema politico italiano e che limitano il pieno sviluppo dello Stato e di riflesso ne riducono proiezione e competitività internazionale.

1. Costituzionalizzazione debole
Non solo la costituzione dell'Italia Unita si basò sul preesistente Statuto Albertino ma soprattutto non fu "partecipata" dal popolo. Cassese fa notare la differenza tra "una costituzione che sia l'atto di un governo" e "la costituzione con cui un popolo constituisce il proprio governo". Cassese inoltre spiega come la Costituzione del 1948 risulti imperfetta e di fatto debole poiché "è insufficiente il sistema dei checks and balances" ed è stata "smembrata nell'attuazione, che si è protratta per quasi un quarantennio".

2. Distacco tra società e Stato
"Per due terzi della storia unitaria, sono stati pochi i cittadini ammessi a partecipare alla vita collettiva attraverso elezioni", spiega il giurista. Un distacco forte tra "Paese reale e Paese legale, cittadini e autorità" che ha provocato una pesante sfiducia (tuttora presente) degli italiani verso uno Stato incapace di garantirne alcuni diritti fondamentali. Ricorda Cassese che dall'Unità a 1970 circa 26 milioni di italiani hanno "votato coi piedi" lasciando il Paese.

3. Il Divario Nord-Sud
Per Cassese nel nostro Paese "è la società che domina lo Stato, non il contrario". Anzi, potremmo scrivere le società, usando il plurale, vista la spaccatura tra le due anime del Paese sotto il profilo amministrativo, economico e culturale. Il divario Nord-Sud ostacola quel sentimento di unità nazionale che Mazzini chiamava "anima della nazione". 

4.Giuridicità debole
Cassese per giuridicità debole fa espressamente riferimento alla legislazione derogatoria, la quale fa si che "l'ordinamento giuridico, in principio retto da un diritto codificato" venga completato da "una sorta di disobbedienza legale fatta da norme speciali, straordinarie, eccezzionali, derogatorie". Il risultato? Troppe norme e deroghe, troppa poca trasparenza. 

5. L'instabilità degli esecutivi
Multipartitismo e localismo rendono il "centro motore dello Stato", vale a dire il Governo, incapace di agire. I trascorsi fascisti, con il potenziamento della figura del capo del governo, spiegano la scarsa incisività riconosciuta dalla Costituzione al Governo e alla Presidenza del Consiglio.

6. Burocrazia incapace
In sostanza, in Italia manca un corpo di funzionari esperto, scelto in base al criterio della meritocrazia in grado di assicurare il rispetto delle regole e di fungere da esempio, quindi svolgere "un'attività educativa". Questo perché la burocrazia si è sviluppata seguendo "pressioni e contingenze esterne" e le regole e i principi dettate da esigenze dello Stato.

7. Il falso centralismo e la fuga dallo Stato
Cassese ritiene che, per quanto concerne l'esperienza italiana, il centralismo sia "un grande mito polemico" e abbia di fatto oscurato il vero problema del Paese: la "fuga dallo Stato". Considerando lo Stato un ente debole si è fatto ricorso a forze esterne con l'intento di rafforzarlo - segnatamente  altri Stati o organismi superiori (come l'UE); organismi esterni ( le "amministrazioni parallele") di cui la Cassa del Mezzogiorno è l'esempio principe; forme di "supplenza privata" utilizzate per supplire alle carenze tecniche della pubblica amminsitrazione (dalla figura dei notai a quella dei progettisti). 

Per approfondimenti

S. CASSESE, L'Italia: una società senza Stato? Il Mulino, 2011

Articolo precedentemente pubblicato da International Business Times nel blog Going Global


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