mercoledì 22 gennaio 2014

Come e perché la minaccia nucleare preserva la pace













L'ACCORDO SUL NUCLEARE raggiunto a fine 2013 tra Iran, Russia, Cina e le potenze europee, ora in fase di esecuzione, è l'occasione per riflettere sulla minaccia nucleare e sull'effettiva necessità di perseguire la strada della denuclearizzazione.
    
Da un lato, l’Iran accetta di non utilizzare energia e tecnologia nucleare per scopi militari, dall’altro Stati Uniti, Unione Europea e Paesi alleati eliminano le sanzioni e rimuovono l’embargo applicato nei confronti di Teheran. Questa in sostanza la sintesi dell’intesa raggiunta, la quale si basa di fatto su una convinzione: la proliferazione nucleare è un pericolo per la pace e la sicurezza internazionale e (aggiungono gli statunitensi) va contrastata a tal punto da ridurre gli arsenali nucleari a zero.

Il numero delle testate

Esaminando i dati raccolti dallo Stockholm International Peace Institute (SIPRI) e dal Bulletin of the Atomic Scientists (BAS), scopriamo che dal 1945 ad oggi sono state prodotte più di 128mila testate nucleari. Le potenze nucleari odierne (Stati Uniti, Regno Unito, Russia, Francia, Cina, India, Pakistan, Israele; il BAS include anche la Corea del Nord) detengono oltre 22.400 ordigni atomici, 7.500 dei quali operativi e schierati o schierabili sul campo. Bombe atomiche pronte per l’uso.

Il pericolo maggiore

In un mondo globalizzato, avulso dalla logica bipolare, testimone di un disordine multipolare (Garton Ash), in effetti uno dei pericoli maggiori risiede nella possibilità che il club delle potenze nucleari vada ampliandosi innescando giocoforza una gara al riarmo, ma soprattutto che la tecnologia nucleare militare possa sfuggire al controllo statuale finendo nelle mani di gruppi terroristici. Durante il celebre discorso tenuto a Praga il 5 aprile 2009 il Presidente Obama dichiarava: “Dobbiamo assicurarci che i terroristi non riescano ad acquisire armi nucleari. Questa è la più immediata ed estrema minaccia alla sicurezza collettiva”. Eppure, nella sua sfida per un mondo denuclearizzato il Presidente USA non raccoglie pareri unanimi; tutt’altro.

L’equilibrio atomico


Gideon Rachman, editorialista del Financial Times, ritiene che l’equilibrio del terrore dettato dall’atomica funzioni e che un mondo denuclearizzato sarebbe un posto ben più pericoloso di quello attuale: “Nessuno può provare che sono state le armi nucleari ad aver contribuito al mantenimento della pace tra le grandi potenze dal 1945 ad oggi, ma la spiegazione più verosimile risiede nel fatto che un conflitto tra potenze nucleari sarebbe considerato troppo pericoloso”.

L’analista geopolitico Robert Kaplan è convinto che la reale minaccia di guerre atomiche circoscritte possa risultare efficace per mantenere la pace e la sicurezza collettiva nel mondo attuale.

La strategia americana

Secondo Jack David, membro del Council on Foreign Relations, il processo di denuclearizzazione a guida statunitense risulta di fatto fallimentare, non essendovi prove empiriche che ne dimostrino l’efficacia. Inoltre, osserva David, l’arma nucleare è usata dagli Stati come strumento di difesa e non solo di mero attacco: “È il caso dei 31 Stati protetti dall’ombrello nucleare statunitense – gli Stati Uniti si sono impegnati a mantenere una capacità nucleare e ad usarla per difendere altri Paesi. Molti dei Paesi sotto l’ombrello statunitense hanno rinunciato allo sviluppo di proprie armi nucleari fintanto che la deterrenza adottata da Washington permane disponibile e credibile”.

Dibattito aperto

La minaccia nucleare è un utile strumento di deterrenza, anche nell’attuale configurazione del sistema internazionale, oppure è divenuta essa stessa fonte di insicurezza globale? Un mondo senza armi nucleari sarebbe davvero più sicuro? Il dibattito è aperto. Nel frattempo, vediamo l’Iran barattare la rinuncia all’atomica militare con l’inclusione nel flusso economico globale.

Articolo precedentemente pubblicato da Formiche.net

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